L’Ufficio liturgico diocesano e la Fondazione Accademia nei mesi da aprile a giugno hanno proposto un percorso di formazione liturgica di base rivolto ai laici, cultori di liturgia e, in particolare, agli operatori del settore liturgico nelle parrocchie e nelle realtà aggregative, quali movimenti e associazioni.  La proposta, che risponde alla necessità di una formazione liturgica a tutti i livelli, nasce dall’osservazione del contesto diocesano che è espresso dalle comunità parrocchiali e prende le mosse dalla pubblicazione della terza edizione del Messale romano da parte della Cei. A livello di Chiesa Italiana, infatti, ci si era accorti che la pubblicazione del nuovo Messale poteva essere un’occasione propizia da non sprecare, non semplicemente per la consegna di un nuovo libro liturgico al popolo di Dio, quanto piuttosto per richiamare tutti al vero spirito della liturgia. Come disse il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, la consegna del nuovo Messale sarebbe stata la «ri-consegna della celebrazione eucaristica al popolo di Dio», in specie, e della celebrazione cristiana in genere. La consegna ufficiale del Messale da parte del vescovo nella nostra chiesa cattedrale, infatti, lo scorso gennaio, è stata l’occasione per inaugurare un percorso di formazione che presenta quali obiettivi quello di stimolare una sensibilità liturgica nelle comunità parrocchiali e nei fedeli in genere; consolidare la consapevolezza di costituire una comunità celebrante anche attraverso una varietà di carismi e ministeri che lo Spirito suscita nelle diverse realtà ecclesiali; creare nuclei propulsori di interesse e formazione liturgici, parrocchiali o inter-parrocchiali, che possano in qualche modo assurgere da centri di «formazione permanente» alla liturgia, per rispondere alla ricerca di una celebrazione insieme «seria, semplice e bella» e che pretende preparazione e competenze, evitando sciatteria, improvvisazione o un «ritualismo» fine a se stesso che rischiano di non far percepire la «Bellezza» (nel senso più profondo del termine) della celebrazione cristiana. Per esigenze dovute alla crisi pandemica, l’intero corso si è tenuto in modalità on-line. Questa ha incoraggiato la partecipazione di diverse persone che si sono iscritte per prendere parte all’iniziativa. La volontà di questa prima esperienza, alla quale seguiranno nel futuro ulteriori incontri di formazione e approfondimento, era quella di offrire ai partecipanti gli strumenti base per poter non solo comprendere con l’intelletto, ma approfondire spiritualmente la ricchezza del Mistero che si celebra nella liturgia.

Gli interventi proposti nel corso sono stati affidati a due liturgisti. Il primo, professor don Fabio Trudu, docente presso la Pontificia facoltà teologica della Sardegna e l’Istituto di scienze religiose di Cagliari, si è concentrato sul rapporto tra Chiesa e liturgia. In particolare don Fabio, partendo dalle origini della Chiesa, dal suo rapporto con il culto e attingendo alla ecclesiologia del Vaticano II emersa soprattutto nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, ha posto l’accento sul fatto che lo stesso celebrare cristiano manifesta il mistero della Chiesa, popolo di Dio che celebra; allo stesso tempo la manifestazione più eccelsa della Chiesa, soggetto della celebrazione si ha quando, come emerge dalla Costituzione liturgica Sacrosanctum concilium 41, è riunita in assemblea per la celebrazione liturgica, insieme al vescovo e ai ministri, in particolare per la celebrazione dell’eucaristia, radunata così dalla Parola che chiama a salvezza per partecipare al banchetto delle nozze dell’Agnello, celebrato sacramentalmente nel memoriale della Pasqua del Risorto. Al secondo, professor don Pierangelo Muroni, sacerdote della nostra diocesi di Sassari che svolge il suo servizio come decano della Facoltà di teologia della pontificia università Urbaniana e docente al Pontificio istituto liturgico Sant’Anselmo a Roma, sono stati affidati alcuni temi quali: il rapporto tra liturgia e teologia, liturgia e antropologia, le caratteristiche del culto cristiano e gli spazi liturgici. Partendo dal superamento della visione «cerimoniale» della liturgia, come un mero insieme di norme da seguire e di gesti da compiere, don Pierangelo ha inquadrato il culto cristiano innanzitutto come celebrazione del Mistero pasquale di Cristo e, dunque, come rappresentazione/ripresentazione, attraverso segni sensibili, riti e preghiere, della redenzione offerta da Cristo che si rende attuale nella celebrazione. Questa avviene nelle coordinate del tempo e dello spazio dell’uomo; anzi, è affidata all’uomo da Cristo stesso che «per il compimento di quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l’invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all’eterno Padre». Ecco, dunque, che la liturgia riscopre la sua vocazione mistagogica: ossia i riti, i gesti, i segni, i simboli, gli oggetti, gli spazi liturgici stessi implicati nella celebrazione (altare, ambone, cattedra, fonte battesimale…) ci introducono e ci manifestano al Mistero di Cristo, celebrato nello spazio e nel tempo. 

Articolo pubblicato sul numero 27 2021 di Libertà – Settimanale Diocesano