Ultima tappa del percorso di formazione, tra evangelizzazione e cultura, ideato e promosso dalla Fondazione Accademia per riflettere sulla nota pastorale del vescovo intitolata «La Chiesa-Casa, genera discepoli missionari». Ospite del collegamento on line, i giorni scorsi, lo psicologo Roberto Mauri, componente del Centro studi «Missione Emmaus», realtà che da anni collabora con la diocesi turritana. Mauri ha affrontato il tema: «Rileggere la propria storia personale e comunitaria» aprendo la conferenza con una significativa citazione dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez: «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontare». Si tratta di una riflessione in cui possono essere individuati almeno tre passaggi: il passaggio della vita, quello del ricordo e del racconto.

L’invito, rivolto ai partecipanti, è stato quello di fare un lavoro di riflessione e rilettura di sé stessi e della propria vita. Rileggere la propria storia – è stato detto durante la conferenza – vuol dire andare al di là del flusso indistinto dei fatti, che «la vita non è fiume» e se lo è, ha dei punti di riferimento che sono i ricordi, momenti-chiave che ci consentono di tracciare e percorrere rotte che sono i racconti. Rileggere, però, non è ripetere, ma interpretare e rielaborare. Due aspetti che si intrecciano, dialogano fra loro senza considerare il tempo che passa: non si tratta di mettere in ordine i fatti, ma di rileggere la storia nel tempo propizio, cogliere, cioè, i segni della grazia nella vita. La volontà di rileggere la storia personale è una scelta attiva e consapevole sia per il passato, lo sguardo all’indietro, sia per l’avvenire. Rileggendo – ha rimarcato il relatore – cambiamo il futuro dando scacco al passato, aprendoci alla libertà di abitare il futuro con fiducia, portando a buon fine ciò che è stato iniziato attraverso un’azione, un compito, una responsabilità che trasforma una sequenza nel percorso esistenza-esperienza-essere. «L’uomo, in quanto tale – ha spiegato Mauri citando Petrosino – non si limita mai a ‘vivere’ ma ‘esiste nel tempo’ e fa sempre anche esperienza della propria esistenza». Rileggere comporta anche interrogarsi sui fatti, ma il fatto in sé rimane concluso, quindi sterile, se, attraverso la rilettura non lo trasformiamo in esperienza di apprendimento. Rileggere, dunque, è frutto dell’esercizio di discernimento personale e comunitario perché quando si rilegge si compiono tre passaggi: di nuovo, da capo, diversamente.

Se si vuole affrontare un percorso di rilettura, la prima reazione è quella di chiedere: «Di nuovo?», accettando di riprendere in mano le cose, aprendo il cuore, tornando sui nodi, cioè partendo da ciò che è successo, mettendosi in ascolto e rivolgendosi delle domande. «Da capo», perché rifarlo dall’inizio apre la mente, aiuta a ricomporre l’ordito e a riannodare il senso; «Diversamente» è aprire la volontà alla decisione e all’azione, un ragionamento applicabile al percorso dei discepoli di Emmaus che partono da un’apertura di cuore personale, ma fanno un’esperienza del Risorto che diventa comunitaria e tornando a Gerusalemme comunicano la loro rilettura ai discepoli spaventati e chiusi nel Cenacolo. Rileggere la propria storia, allora, implica l’uso delle parabole, forma efficace di rilettura basata su due elementi narrativi collegati: una vicenda che viene utilizzata, ma poi, una volta riletta, ne scaturisce una diversa. La parabola, quindi, rende possibile la rilettura grazie all’uso sapiente di messaggi evocativi «nascosti» nella vicenda narrata, ma in grado di sollecitare l’ascoltatore a fare o provare qualcosa. Gesù stesso ha riletto la sua storia, così come i Vangeli rileggono la sua storia e gli Atti degli Apostoli, cioè la comunità, rilegge i Vangeli. Questa comunità rilegge i segni della Resurrezione nel suo nome, rilegge le storie e suscita gioia e speranza.

L’ultimo passaggio riguarda il rileggere la propria storia comunitaria, oggi, compiere, cioè, un viaggio nella tradizione operando scelte di ripetizione e ricostruzione che attingono al passato definendo una trama storico-affettiva alla ricerca di connessioni e differenze tra tempi e luoghi. Tramandare riguarda il nome, le origini, le somiglianze, evitando, però, il determinismo e l’insignificanza per mezzo della distinzione e del desiderio di continuità attraverso nuovi legami vitali. Infine, «trasgredire», rompere gli schemi, trasformare il «destino infausto» in una nuova vocazione con il recupero di risorse simboliche come fiducia, speranza, giustizia, lavoro di discernimento.

Articolo di Antonello Mura pubblicato sul numero 15 2021 di Libertà – Settimanale Diocesano