E’ stato poi il turno dell’avvocato Sergio Porcu. Il vicepresidente della Fondazione Accademia ha ricordato che l’Università degli Studi di Sassari è stata una delle prime istituzioni a credere nel dialogo strategico con la Fondazione. Un dialogo che ora sta producendo frutti concreti, tra cui l’attivazione di corridoi umanitari che hanno permesso l’arrivo a Sassari, a metà settembre, di tre studenti provenienti dall’Eritrea. «Riflettendo sull’occasione di questo incontro pensavo alle matricole. Credo che molti degli studenti del primo anno siano nati nel 2001, nell’anno terribile di un Occidente che si è sentito sotto attacco. Allora come oggi – ha detto l’avvocato Porcu – c’era bisogno di aprirsi al dialogo con le diverse comunità e le diverse culture».
Antonio Meloni, da parte sua, ha rivolto due domande ai cinque candidati. «Prendendo spunto da quanto detto finora, tenendo conto del fatto che l’Ateneo sassarese è inserito in un contesto sempre più multietnico, multiculturale, interreligioso, qual è la vostra idea di Università?». C’è stato poi spazio per una seconda domanda: «Considerata la variegata composizione della popolazione studentesca dell’Università di Sassari, qual è la strategia più efficace per favorire dialogo, partecipazione, inclusione e cura della persona?».
I cinque professori nelle varie risposte hanno condiviso diversi elementi di riflessione. Giampaolo Demuro ha ricordato in particolare la centralità dello studente: «Nella mia idea di Università lo studente rappresenta l’essenza. Dobbiamo avere il massimo rispetto della loro peculiarità e del loro studio. L’Università è fatta dagli studenti e per gli studenti. La dignità delle persone deve essere sempre garantita come concetto fondamentale e deve essere al centro dell’idea stessa di Università».
Luca Deidda nel suo intervento ha focalizzato l’attenzione su alcune priorità. «Bisogna innovare e fare squadra – ha detto -. Serve una innovazione della didattica, concependo un’offerta formativa che sia in grado di intercettare la domanda di competenza a livello locale e globale. Bisogna anche innovare la ricerca, supportando i nostri ricercatori, aiutandoli nella progettazione che serve per intercettare le risorse».
Roberto Furesi ha riassunto la propria idea di Università. «Viviamo in un’epoca di grande incertezza e di sicuro l’Università può contribuire nel formare persone capaci di esprimere giudizi e non pregiudizi. Mi sono piaciuti molti passaggi dell’intervento di monsignor Bulgarelli – ha detto Furesi – e in particolare il valore del dialogo. L’Università che vorrei deve essere capace di porsi criticamente e costruttivamente rispetto alla realtà che attraversa».
Plinio Innocenzi ha ricordato un aspetto fondamentale del nuovo umanesimo, tema centrale dell’incontro. «Noi oggi abbiamo a che fare con la frammentazione del sapere ma per l’uomo rinascimentale non esisteva questa frammentazione – ha ricordato -. Gli uomini come Brunelleschi e Piero Della Francesca sapevano fare tante cose e non avevano un limite proprio perché per loro non esisteva la frammentazione della conoscenza. Penso sia un aspetto da cui ripartire. L’Università può ricostruire nel piccolo ciò che è stato l’uomo rinascimentale».
Gavino Mariotti si è concentrato su alcuni aspetti che possono essere utilizzati per favorire una piena inclusione «Al centro delle attività dell’Università ci devono essere le relazioni umane. Siamo in un momento di pandemia e, in attesa che passi questa ondata, possiamo utilizzare gli strumenti informatici per aiutare tutti gli studenti che hanno difficoltà o l’impossibilità di seguire le lezioni. Penso agli studenti con disabilità fisica ma anche agli studenti con problemi economici».
Prima dei saluti finali c’è stato spazio per l’intervento del rettore emerito Alessandro Maida, il quale ha ricordato come il confronto voluto dalla Chiesa turritana abbia un significato particolare, in riferimento all’idea stessa di Università come strumento per attuare un nuovo umanesimo. Nelle conclusioni, l’Arcivescovo ha ringraziato tutti coloro che hanno partecipato al dibattito. «Ringrazio in modo particolare voi, candidati alla carica di rettore – ha detto monsignore Saba -. In questi tre anni abbiamo avuto diverse volte la possibilità di incontrarci. Da parte mia dichiaro la piena disponibilità, da parte dell’istituzione che rappresento, per continuare e promuovere quella collaborazione avviata. Una collaborazione che è in linea con quanto il Santo Padre ci invita ad attuare. Ora siamo immersi in una fase nuova e siamo tutti chiamati a metterci in gioco, per promuovere quella che pace sociale richiamata nell’ultima enciclica di Papa Francesco. Questa pace sociale – ha concluso l’Arcivescovo – è frutto della cultura».
Michele Spanu
(dal numero 42 del 2020 di Libertà)