Il viaggio del Santo Padre in Iraq, il dialogo interreligioso, i tanti messaggi lanciati da Francesco in una fase storica decisamente delicata per la buona prosecuzione delle relazioni internazionali in quella travagliata porzione di mondo. Tanti i temi sul tappeto, il 10 maggio scorso, durante la conferenza dedicata al recente viaggio di Papa Francesco. L’evento, svoltosi on line, coordinato da don Giuseppe Faedda, assistente spirituale della Fondazione Accademia nonché responsabile diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha visto la partecipazione, fra gli altri, dell’arcivescovo Gian Franco Saba, di Marco Impagliazzo, presidente della comunità di Sant’Egidio e ordinario nell’università Roma 3, Enzo Romeo, giornalista vaticanista di Rai 2 e Andrea Trentini della comunità di Sant’Egidio. In apertura, monsignor Saba ha tracciato le coordinate dell’iniziativa sottolineando che l’evento è stato pensato per rilanciare l’attualità e l’importanza del viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq: «Un viaggio – ha spiegato il vescovo – che è stato un’enciclica di segni oltre che di parole e che ci ha invitati a compiere passi concreti nell’esprimere l’amore per Dio non per un semplice dovere, ma come una relazione». «In questo senso la “Fratelli tutti” può essere vista come uno strumento nelle nostre mani per prenderci cura della Casa comune». Marco Impagliazzo ha fatto un inquadramento storico e ha spiegato come l’Iraq sia una terra, come quelle del Medio-Oriente, che ha conosciuto, e conosce ancora oggi, una profonda stratificazione etnica e religiosa. «Apparteneva all’Impero ottomano che è finito dopo la Prima guerra mondiale, dove le minoranze, considerate cittadini di seconda categoria, vivevano insieme nel quadro di uno stato islamico». «La storia dell’Iraq del ‘900 – ha proseguito Impagliazzo – è quella di una regione un po’ remota, seppure nel passato sia stata sede di grandi e antiche civiltà come quella assira o babilonese, che hanno segnato l’umanità». «La Prima guerra mondiale ha portato nell’Impero ottomano quella che è stata la prima grande strage dei cristiani, evento tragico che gli armeni definiscono il Genocidio Medz Yeghern (Il grande male)». «In quel periodo, siamo nel 1915, la catena montuosa del Sinjār, nord dell’Iraq, abitata dalle comunità Yazide è stata rifugio per i cristiani armeni, siriaci che venivano difesi in nome dell’ospitalità, gli Yesidi, che sono considerati sprezzantemente adoratori del diavolo e osteggiati dai musulmani Sunniti». Proprio nel 2014, a distanza di cent’anni, gli stessi Yesidi sono stati sterminati dai miliziani dello stato islamico e uno dei motivi che ha spinto il papa a fare questo viaggio penitenziale in Iraq è stato il racconto riportato in un libro in cui una donna Yasida descrive le brutalità dello stato islamico nei confronti dei bambini e delle donne di questa comunità». Emblematiche, al riguardo, le parole del Santo Padre: «Ho sentito forte il senso penitenziale di questo pellegrinaggio: non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire, senza prendere su di me, a nome della Chiesa cattolica, la croce che loro portano da anni, una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh».

La narrazione del viaggio papale è toccata a Enzo Romeo, che da giornalista ha fatto parte della comitiva al seguito del pontefice e ha riportato proprio le emozioni provate a Qaraqosh, unica cittadina irachena, a maggioranza cristiana, devastata dall’Isis, dove la popolazione ha accolto con grande gioia il papa quasi nella normalità quotidiana. La partecipazione alla visita del pontefice è stata corale, accompagnata dai volti e dalle speranze delle persone che ha incontrato a Najaf, nella piana di Ur, a Erbil, a Mosul, a Qaraqosh e a Baghdad. Soprattutto a Najaf, città santa degli sciiti, dove Papa Francesco ha incontrato l’Ayatollah Al Sistani e, con lui, ha parlato dell’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, di quella regione e dell’intera umanità. «Un viaggio tra due estremi storici – è stato detto durante la conferenza – da una parte l’alba di una civiltà della fede monoteista con il richiamo di Abramo a Ur e dall’altra il futuro desiderato da Papa Francesco che sta cercando di costruire con quel mondo facendo volare la colomba della pace tra le macerie di Mosul». Andrea Trentini, dal canto suo, ha sottolineato alcuni aspetti del viaggio papale il cui messaggio era rivolto non solo ai cristiani o alle minoranze, agli iracheni, ma a tutto il mondo. Da qui, le conclusioni del dibattito assai partecipato: il viaggio di Francesco in Iraq, a motivo della sua realtà complessa e frammentata, ha portato con sé il messaggio dell’Enciclica «Fratelli tutti», parlando il linguaggio della fraternità universale soprattutto in una realtà in cui il tessuto sociale è lacerato.

Articolo di Antonello Mura pubblicato sul numero 18 2021 di Libertà – Settimanale Diocesano