Si è svolto giovedì 10 giugno il penultimo appuntamento del percorso formativo online per educatori «Solleciti nell’educare perché il cuore cambia mosso dallo Spirito», promosso dalla pastorale giovanile diocesana, in collaborazione con la Fondazione Accademia, casa di popoli, culture e religioni. Vicini alla conclusione, è sembrato doveroso parlare del ruolo che l’educatore assume nella Chiesa a giorno d’oggi, evidenziandone in modo particolare le azioni, le sfide e i bisogni. Vista l’importanza della tematica, oltre che la sua evidente attualità, l’equipe della pastorale giovanile ha pensato di invitare Ignazio Punzi, formatore, psicologo e psicoterapeuta familiare. In primis, il relatore ha messo in luce il fatto che, nella società odierna, il paradigma della vita umana è rappresentato dall’azione consequenziale causa-effetto. Invece, il modello dovrebbe coincidere con il binomio appello-risposta. Questo concetto, calato in una realtà educativa, si riflette sull’importanza del porre come centro l’altro, sradicando ogni atteggiamento egocentrico. In altre parole, ogni educatore deve essere capace di inventare una risposta unica e originale per quel singolo ragazzo e «armonizzare tutti i frammenti che ogni biografia contiene». Prendersi cura di un’altra vita in questa maniera ha diverse finalità: innanzitutto, aiutare il giovane a essere fedele ai desideri più profondi. Per poterne essere all’altezza e guidare l’educando è fondamentale lo sguardo che gli viene rivolto. Infatti, secondo il dottor Punzi, questo è lo strumento più potente di un educatore, che diviene «il libro su cui i ragazzi studiano». A questo riguardo, è necessario essere coerenti per primi con le proprie vocazioni, perché la trasmissione dell’educazione avviene per esperienza.  Altro obiettivo è educare alla filialità e alla fraternità, due codici che, insieme alla maternità e alla paternità, sono necessari per uno sviluppo maturo dell’io, in senso psicologico e sociale. Infatti, essere figli significa far sperimentare che la vita non la si può dare da sé, ma è emblema del dono, è ricevere l’eredità e mantenere viva la memoria. Invece, essere fratelli è divenire contemporaneamente «grati e feriti», intraprendendo un cammino con le persone che la vita ha posto a fianco a ciascuno. Proseguendo nel suo intervento, il relatore ha sottolineato ancora una volta il ruolo fondamentale dell’educatore, figura che deve essere capace di trasformare le circostanze in eventi e gli incroci in incontri. Questo può essere concretizzato tramite il «Metodo Emmaus», ispirato alle nove azioni compiute da Cristo nel celebre episodio evangelico narrato da Luca. La prima è «approssimarsi», ovvero riuscire a sincronizzare i propri passi con quelli dell’altro. Segue il «camminare con loro»: uscire dalla propria strada e quindi dal proprio ego, per percorre passi diversi. Sembra quasi spontaneo il comportamento successivo, che consiste nel «domandare senza chiedere» e, una volta ascoltate le parole, i due vengono rimproverati. Dopo aver prestato attenzione, Gesù parla e rilegge ciò che è accaduto, li reinserisce nella comunità, rendendoli figli. Ma come ogni guida, ha l’obiettivo di indurre nell’altro un atteggiamento maturo, rendendolo responsabile di quell’incontro: mostra cioè la sua precarietà e vuole proseguire nella sua strada. I due però desiderano ancora la sua presenza e lo invitano nella loro casa. Il forestiero accetta di condividere il loro spazio e insieme spezzano il pane. L’ultimo atto consiste in Cristo che scompare: i due devono andare per la loro strada. Per concludere, il formatore ha associato la figura dell’educatore alla «sentinella che annuncia i bagliori di un giorno nuovo», senza smettere di porsi domande sul perché delle cose: educare l’altro a essere un frequentatore di domande e non un dispensatore di risposte. È importante, infatti, accogliere i momenti di difficoltà, perché come ha detto Papa Francesco: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla». Negli ultimi momenti dell’incontro, l’augurio finale di Ignazio Punzi, rivolto ai partecipanti: «Che la vostra passione divenga ricordo». Il prossimo e ultimo appuntamento del ciclo formativo sarà giovedì 24 giugno, in cui si coglierà l’occasione per comprendere le ricadute del percorso formativo all’interno della diocesi turritana, insieme a don Salvatore Fois, vicario per la formazione permanente del clero e all’equipe della pastorale giovanile diocesana.

Articolo di Angela Falchi pubblicato sul numero 23 2021 di Libertà – Settimanale Diocesano